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tavolo con sedie e sfondo di finestra

Una casa tutta per loro, finalmente

Dopo 7 anni nell’albergo sociale di Ravenna, Awa e suo figlio oggi hanno una casa tutta per loro 

“Finalmente ha una casa tutta sua. E, il figlio, una stanza tutta per sé”. Elisa Guarini racconta con una punta di emozione la storia di Awa, una delle donne accolte all’albergo sociale per mamme e bambini di Ravenna, che oggi è riuscita a costruire una nuova autonomia abitativa.

Elisa coordina i progetti abitativi detti “a bassa soglia” per la cooperativa Progetto Crescita e per il Consorzio Solco di Ravenna, realtà molto attive nel tessuto sociale romagnolo.

due sedie scure, un tavolino e dei disegni sul muro bianco

Sola con un bimbo in un paese nuovo: la storia di Awa

Quella di Awa è una storia unica, eppure simile a tante altre: “Era arrivata dal Senegal sette anni fa, con un bambino di cinque anni e tante speranze, che purtroppo si sono rivelate malriposte. Si è ritrovata sola, senza una casa, senza conoscere l’italiano. Ha trovato una sistemazione nell’albergo sociale, e da lì è cominciato il suo percorso”, ricorda Elisa.

Un percorso fatto di impegno, fatica e pazienza: Awa ha studiato, fatto corsi di italiano, accettato lavori diversi, mentre il suo bimbo iniziava le elementari. “Il primo giorno di scuola non parlava una sola parola d’italiano, ma ci ha messo pochissimo a colmare il gap con i compagni di classe. Madre e figlio studiavano insieme, in un certo senso”.

Alla fine Awa ha trovato un impiego stabile come collaboratrice domestica presso una famiglia italiana che ha saputo riconoscerne il valore. “Ora lavora, ha un contratto a tempo indeterminato, sta prendendo la patente. È autonoma. È riuscita a prendere casa in un condominio sociale a Cervia, un monolocale con la cameretta per il bambino. È una grande conquista, per entrambi. Awa è felicissima, noi operatori e operatrici le abbiamo regalato giusto un paio di mobili, ma lei ci teneva ad arredarla da sé, a vivere la sua autonomia”.

Una nuova normalità da ricostruire, passo dopo passo. Per il figlio, avere una camera e un bagno solo per sé è stato quasi uno shock, dopo anni di spazi condivisi.

“Non era abituato. Era stato ospite a casa dei miei suoceri per una settimana mentre la madre era in ospedale per un’operazione – ricorda Elisa con un sorriso -, e già allora gli sembrava strano avere uno spazio tutto suo, lui che era abituato a condividere ogni cosa con altri bambini e altre mamme. Certe cose tendiamo a darle per scontate, invece c’è chi ci si deve abituare”.

Gli sembrava strano avere uno spazio tutto suo, lui che era abituato a condividere ogni cosa con altri bambini e altre mamme”

donna di carnagione bianca con capelli biondi e donna di carnagione scura con capelli scuri
Ara e Elisa

Come funziona l’albergo sociale di Ravenna che ha accolto Awa per sette anni

L’albergo sociale di Ravenna è una struttura nata dieci anni fa in via Torre per accogliere mamme con figli in situazione di emergenza abitativa. Lo gestisce la cooperativa Progetto Crescita in sinergia con il Consorzio Solco.

Le permanenze dovrebbero essere temporanee – da sei mesi a un anno – ma la realtà è diversa: “Le persone tendono a restare molto più a lungo, Awa è rimasta 7 anni. Mancano le alternative, gli affitti sono alti, e spesso i proprietari si irrigidiscono davanti a donne straniere, anche se lavoratrici affidabili e referenziate”.

“Mancano le alternative, gli affitti sono alti, e spesso i proprietari si irrigidiscono davanti a donne straniere, anche se lavoratrici affidabili e referenziate”.

E qui si apre il tema più ampio: una storia come quella di Awa dovrebbe essere la norma, non l’eccezione. “Nei nove nuclei familiari che ospitiamo oggi, sette donne lavorano; hanno preso la patente, si impegnano, sono pronte – evidenzia Elisa -. Ma il passaggio verso l’autonomia si blocca per mancanza di soluzioni abitative accessibili e per diffidenze che sembrano insormontabili. Noi garantiamo per loro, ma non basta. Eppure sarebbe così importante ridare dignità a queste persone. Abitare a lungo in sistemazioni temporanee fa perdere il senso più personale del vivere, la cognizione di quella che dovrebbe essere la normalità per ognuno di noi”.

Superare il concetto di assistenzialismo

“Il sistema dovrebbe accompagnare di più, uscire da una logica di assistenzialismo e puntare a rendere le persone protagoniste della propria vita, proprio come Awa. Non è solo una questione di umanità, ma di miglior funzionamento della società. Una persona autonoma, che lavora, è una risorsa”.

Il nuovo sindaco di Ravenna è venuto a conoscere la realtà dell’albergo sociale poco prima delle elezioni, un segnale importante. “Sarebbe ora di costruire un tavolo strategico con tutte le realtà sociali, per costruire percorsi che restituiscano dignità e autonomia. Awa ce l’ha fatta, ma tante altre donne e bambini aspettano una casa, e con essa, la possibilità di una vita diversa”, conclude Elisa Guarini.

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