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“Ho perso una gamba ma non mi sono arreso”

La storia di Segundo Solis, socio di una cooperativa sociale di Rimini: arrivato dall’Ecuador 20 anni fa con una disabilità importante, è riuscito a realizzarsi

Segundo Clemente Velez Solis è il responsabile della programmazione dei servizi per La Formica, una cooperativa sociale di Rimini. Assunto il 27 novembre 2003, Segundo ha tagliato il traguardo dei 20 anni in cooperativa e dal 2023 siede anche nel consiglio di amministrazione. In questa intervista ci ha raccontato la sua vita, segnata da cambiamenti improvvisi e da scelte molto difficili.

Ciao Segundo, conosci la cooperazione da 20 anni: cosa ne pensi?
“Ne penso molto bene. Io vengo dall’Ecuador, dove la realtà del lavoro e dell’assistenza sociale è molto diversa. Non ci sono aiuti per persone con difficoltà fisiche, come me”. 

A che tipo di difficoltà ti riferisci?
“Ho avuto un incidente quando avevo 15 anni, ho perso una gamba. In Ecuador non ho ricevuto l’assistenza di cui avrei avuto bisogno. Studiare o lavorare per me era diventato molto complicato. In momenti così è facile crollare”.

“Ho avuto un incidente quando avevo 15 anni, ho perso una gamba. In Ecuador non ho ricevuto l’assistenza di cui avrei avuto bisogno. Studiare o lavorare per me era diventato molto complicato.”

E tu come hai reagito?
“L’ho presa come una sfida personale, non volevo arrendermi. E così mi sono iscritto all’università di Belle Arti e ho iniziato a fare il pittore. Ma non avevo prospettive, non potevo mantenermi così. A 30 anni ho preso la decisione: dovevo andarmene”.

Perché hai scelto proprio l’Italia?
“Perché l’ho studiata all’università, l’arte più bella del mondo è in Italia, la patria di Leonardo e Michelangelo. Poi avevo degli amici che abitavano a Roma, li ho raggiunti nel maggio del 1998. Non è stato un viaggio semplice, specialmente con la mia disabilità. Una volta arrivato ho provato a lavorare come pittore, a Roma c’era abbastanza richiesta essendo una città turistica. Ma mi serviva un lavoro più sicuro, per mettere in regola i miei documenti e far venire in Italia anche mia moglie e mia figlia. In quel momento era quella la mia priorità. Avevo dei contatti con altri amici a Rimini, mi sono spostato in Romagna”. 

uomo mostra un dipinto di fiori

Quindi avevi già creato una famiglia in Ecuador?
“Sì, mia figlia era appena nata quando sono partito”. 

Com’è stato partire da solo?
“Immagina di avere una figlia appena venuta al mondo e non la puoi vedere. Senti un vuoto, una sofferenza grandissima che è sempre lì. Ma stavo lavorando anche per loro, per dare prospettive diverse alla nostra famiglia. Infatti dopo due anni finalmente anche mia moglie è potuta arrivare in Italia, e poco dopo anche nostra figlia. Riabbracciarle è stato un momento bellissimo, non lo dimenticherò mai”. 

“Immagina di avere una figlia appena venuta al mondo e non la puoi vedere. Senti un vuoto, una sofferenza grandissima che è sempre lì. Ma stavo lavorando anche per loro, per dare prospettive diverse alla nostra famiglia.”

In questo percorso la cooperativa ti è stata d’aiuto?
“Tantissimo! Da subito alla Formica mi hanno dato una grande mano, tutti quanti: hanno trovato sempre lavori adatti a me, mi hanno valorizzato, senza mai fare differenze tra me e un lavoratore non disabile. Io mi sono sempre sentito considerato uguale a tutti gli altri, e mi sono impegnato al 100% fin dal primo giorno per ripagare questa fiducia. La relazione professionale è importante, ma quella umana ancora di più”. 

Di cosa ti occupi in cooperativa?
“Negli ultimi anni seguo la programmazione dei servizi: la raccolta differenziata, che è il core business della Formica, poi affissione manifesti, manutenzione stradale, segnaletica orizzontale e verticale, eccetera. Da quando faccio parte del consiglio di amministrazione sento più responsabilità, ma è una cosa positiva. Nonostante la crisi, che colpisce un po’ tutti, il lavoro c’è e la cooperativa è grande e solida, bisogna essere ottimisti”.

impiegato alla scrivania scrive al computer

Integrarsi in un paese diverso dal proprio non è sempre facile. Ci sono stati episodi spiacevoli?
“No. Conosco persone come me che hanno sofferto, ma io non ho mai avuto problemi. Forse sono stato fortunato, in cooperativa sono sempre stato circondato da persone positive. E in 20 anni sono successe tante cose, tutte belle”.

“Sono stato fortunato, in cooperativa sono sempre stato circondato da persone positive. E in 20 anni sono successe tante cose, tutte belle”

Il ricordo più bello in assoluto?
“Quando ho ottenuto la cittadinanza italiana, nel dicembre 2016. È stato un traguardo importante che mi ha dato tanta tranquillità. Io ho sempre dato il massimo per il mio lavoro e per questo paese, che mi ha accolto e che io amo molto. La mia seconda figlia è nata qua, è italiana, quando lo sono diventato anche io è stata una gioia”. 

L’iter per ottenere la cittadinanza è stato complesso?
“Un po’, la burocrazia è difficile ma è così dappertutto. Per me in realtà è stato un po’ più semplice, perché è stato prima del Covid. Quando ho fatto la stessa trafila per mia moglie è stato più faticoso, ma alla fine la cittadinanza è arrivata anche per lei. Ora anche la legge dice che siamo una famiglia italiana”.

Hai dovuto rinunciare al tuo lavoro da pittore, ma dipingi ancora di tanto in tanto?
“Qualcosina ancora faccio, anche se ho poco tempo da dedicare ai pennelli. Le mie figlie me lo dicono ‘papà, non dipingi più come prima’. Ma come si fa? La famiglia richiede tempo, mia moglie lavora e non abbiamo nonni che ci aiutino. È comunque una mia grande passione, chissà, magari la riprenderò quando andrò in pensione. Ma ci vorrà tempo, è prevista per il 2036. Speriamo di arrivarci, come prima cosa!”.

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