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Vivere e lavorare con la sclerosi multipla, la storia di Nicole

Vivere e lavorare con la sclerosi multipla, la storia di Nicole: “All’inizio la malattia comandava il mio corpo, oggi sono io che decido”

Il mondo del lavoro spesso è escludente verso le persone che hanno una disabilità, fisica o psichica. Eppure il lavoro è un’attività essenziale per chiunque, perché consente di acquisire autonomia, migliorare la qualità della vita, instaurare relazioni.

Le cooperative sociali di tipo B si occupano proprio di questo: garantire un’occupazione alle persone che sono più a rischio di esclusione.

Dai percorsi di inserimento lavorativo nascono spesso esperienze bellissime, storie di riscatto e realizzazione personale che vanno ben oltre l’assistenzialismo.

Come la storia di Nicole Forlivesi, 27 anni, socia della cooperativa sociale Il Solco di Savignano (che eroga soprattutto servizi ambientali), dove è arrivata proprio grazie a un percorso di inserimento lavorativo.

Giovane ragazza con capelli neri

Ciao Nicole, ci racconti com’è cominciato il tuo percorso in cooperativa?
Ho iniziato nel dicembre del 2015 con un tirocinio. Le cose sono andate bene e nel 2017 la cooperativa mi ha assunto. Nel 2018 mi hanno offerto l’indeterminato, un anno dopo sono diventata socia. Inizialmente stavo alla pesa, dove pesiamo i camion. Oggi faccio soprattutto lavoro d’ufficio. In verità avevo studiato per diventare orafa, ma le mie condizioni di salute non me l’hanno permesso.

Cosa è successo?
Quando avevo 15 anni, nel 2011, mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla. È una malattia autoimmune, i sintomi dipendono da persona a persona: per me è iniziata con un formicolio al piede, poi ho perso sensibilità agli arti e non riuscivo più a vedere. Il primo anno è stato il peggiore, me la sono vista brutta. Dal 2012 sono stabile grazie a una cura che faccio mensilmente; il farmaco che prendo mi consente di camminare e non ho più avuto ricadute. Oggi convivo quotidianamente con ‘lei’, ho giorni no e giorni sì.

Com’è cambiata la tua vita da quando hai scoperto della sclerosi multipla?
All’inizio è stata dura metabolizzare il tutto, ero un’adolescente molto arrabbiata, mi chiedevo perché fosse successo proprio a me. Crescendo ho iniziato a guardare le cose da una prospettiva diversa. Sì, sono stata privata di alcune cose ma ho una vita davanti, posso fare le mie esperienze. Non posso scalare l’Everest, questo no, ma a piccoli passi posso arrivare ovunque. Il mio corpo deve riposarsi per riprendersi, ma i limiti li abbiamo tutti. Io conosco i miei, mi baso su quelli. Non posso correre per lunghe distanze, ma per brevi tratti sì. E quando arrivo alla fine sono felice.

Giovane ragazza di profilo in montagna

Com’è il tuo rapporto con la malattia?
All’inizio dipendevo dalla sclerosi multipla, era lei che comandava il mio corpo. Ora invece sono io che decido. Sono una ragazza testarda, quando mi metto in testa un obiettivo lo devo raggiungere. Questo non è cambiato, devo solo tarare questi obiettivi in altro modo. È stata dura, non lo nego ma oggi sono io che tengo il timone della mia vita, non la malattia. Per questo quando è arrivata questa opportunità di lavoro al Solco ho detto: ‘proviamoci’. Io nella vita non volevo starmene con le mani in mano, mi sono buttata e oggi sono felice.

La tua famiglia ti è stata vicino?
Ho ricevuto tanto sostegno da mia mamma e da mia sorella, che è più piccola di me. Mi sono sempre state vicino, mi ricordo che mia mamma è venuta anche ai primi colloqui di lavoro al Solco. Ma piano piano ha imparato a lasciarmi andare con le mie gambe.

Qual è il clima in cooperativa?
Devo dire che mi sono venuti tanto incontro, mi hanno proposto l’indeterminato quando ero a casa in riabilitazione dopo un’operazione. In certi momenti riuscivo a fare solo 2 ore al giorno ma non me l’hanno mai fatto pesare. Qui mi sento a casa: l’ambiente è sano, familiare, il rapporto con le colleghe è molto piacevole e io cerco di dare sempre il massimo.

Quanto è importante l’aspetto del riconoscimento personale in un percorso lavorativo come il tuo?
È essenziale, perché ti fa sentire considerata per quello che sei, per quello che vali, e non per una disabilità. Chiaramente la mia malattia ha influito nel procurarmi questa opportunità, ma non nel definire il mio percorso. Se non fossi stata adatta non sarei rimasta. Questa è una consapevolezza che mi ha aiutato tanto in questi anni, sento di aver superato dei limiti e dei dubbi. È Nicole che è stata assunta dal Solco, non ‘la ragazza con la sclerosi multipla’.

Giovane ragazza spegne le candeline per il suo compleanno

Hai parlato di disabilità, che è un concetto molto ampio con cui la società di oggi fa ancora fatica a relazionarsi…
Per molte persone è disabile solo chi sta in carrozzina. Invece la disabilità ha tante forme, a volte persino invisibili, e nessuna andrebbe compatita né guardata con sospetto. Io per dire sono una ragazza semplicissima, all’apparenza la mia malattia non si vede. Molte persone nemmeno lo sanno che sono malata. Però chiaramente ho il tesserino dei disabili, a volte non riesco a camminare bene. Capita che quando esco dal parcheggio le persone mi guardano male, non sanno niente di me ma mi giudicano lo stesso.
Ecco, nella mia cooperativa questo non succede, non ci sono discriminazioni. Ma fuori mi piacerebbe trovare più comprensione, più consapevolezza, ricevere più umanità. Non è una pretesa che ho perché sono malata e voglio fare pena, è una speranza che ho come essere umano. L’umanità dovrebbe essere la regola, sempre e verso chiunque.

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