La rinascita del Povero Diavolo di Torriana (Rn), il ristorante che insegue un sogno
Non era nei loro piani, e forse proprio per questo ha funzionato.
Quando Samuele Ramberti e alcuni suoi suoi amici hanno iniziato a pensare a un progetto cooperativo, immaginavano uno street food nel cuore di Rimini. Una cosa semplice, una piadina da vendere al volo. Invece oggi gestiscono un ex ristorante stellato in un piccolo borgo dell’entroterra, Il Povero Diavolo di Torriana. La strada ha cambiato direzione, e loro l’hanno seguita.

“È stata una scommessa. Cercavamo un posto dove cominciare, e ci siamo trovati tra le mani un luogo bellissimo ma sfidante. Abbiamo deciso di restituirgli vita, e intanto di cambiare la nostra e quella delle persone che avrebbero lavorato con noi.”
“È stata una scommessa. Cercavamo un posto dove cominciare, e ci siamo trovati tra le mani un luogo bellissimo ma sfidante”

È nata così Aldeia, una cooperativa sociale pensata per usare la ristorazione come leva di inclusione lavorativa. Dentro il ristorante ci sono le storie di chi ha vissuto l’emarginazione, il carcere, la dipendenza, l’estraneità a un territorio. Storie che si incrociano ai fornelli, tra i tavoli, nelle parole scambiate con chi entra a mangiare.
All’inizio la gente pensava a una piccola ristorazione, un posto senza grandi pretese. Invece Il Povero Diavolo è un ristorante vero, con piatti che portano in tavola la Romagna e il mondo. È cucina di qualità, con dentro la bellezza come motore. “Per noi la bellezza è terapeutica. Aiuta chi lavora a sentirsi valorizzato. Non solo si impara un mestiere, ma si riceve fiducia”.
Samuele ha una laurea in economia e un passato nel marketing. Due dei suoi soci sono educatori, altri vengono da esperienze molto diverse. Nessuno aveva in mano l’eredità di un ristorante, ma tutti avevano un’idea: costruire un luogo in cui contano le persone, non solo le competenze.

Alcuni ragazzi sono arrivati per caso. Come la cuoca etiope che ha letto un articolo e si è presentata: era proprio di Torriana, voleva mettersi in gioco. È stata la prima assunta. Altri nomi vengono suggeriti dalla rete sociale del territorio. A dirigere l’orchestra c’è lo chef Mirco Morri: “Lo abbiamo scelto perché oltre a essere bravissimo, ha una grande capacità di educare e motivare”, dice Samuele.

Aldeia è anche un luogo di relazione. I soci si sono scelti, sostenuti, incoraggiati. Hanno organizzato una campagna di crowdfunding, raccolto 20.000 euro per partire. Hanno vinto dei bandi, sostenuti da Confcooperative Romagna, che li ha accompagnati nella creazione della cooperativa e nella ricerca dei primi strumenti finanziari. “Non saremmo mai andati avanti da soli. La cooperazione è la nostra fortuna. Non c’è un capo, è un progetto collettivo”.
“Non saremmo mai andati avanti da soli. La cooperazione è la nostra fortuna. Non c’è un capo, è un progetto collettivo”
Oggi Il Povero Diavolo ha sette dipendenti e tanta strada davanti. Ma soprattutto ha una visione: diventare un “serbatoio di sogni” dove ciascuno possa contribuire e proporre idee. Come il progetto di coltivare e autoprodurre gli ingredienti per i loro piatti: per ora è una suggestione lontana, in futuro chissà.

Intanto c’è una cucina che cambia le storie, un borgo che ritrova un suo punto di riferimento, e un gruppo di ragazzi che ha scelto di scommettere su un’impresa in cui nessuno resta indietro.
Perché “aldeia” in portoghese vuol dire villaggio. E un villaggio si costruisce insieme.
