Iscriviti alla nostra newsletter

"*" indica i campi obbligatori

Chi erano i Canterini Romagnoli di Lugo? Una storia lunga un secolo

Musica, amori e libertà: la storia dei Canterini Romagnoli di Lugo raccontata da chi l’ha vissuta

“Non so come farai a sintetizzare tutto quello che ti ho detto! Forse, quello che alla fine emerge è questa… questa passione. Come quella per il calcio, per la pittura, per il teatro; per noi è stata la passione per questo particolare settore musicale. Dalle radici profonde”.

Paola Gaddoni, canterina romagnola

La cooperativa lughese dei Canterini Romagnoli F.B. Pratella si è sciolta lo scorso febbraio, in concomitanza con la pubblicazione di I Canterini di Lugo, cento anni di folclore in Romagna (La Mandragora). Nati a Lugo nel 1922, per centouno anni sono stati ambasciatori del patrimonio musicale romagnolo e hanno portato canti e balli della tradizione in giro per l’Europa. Per ironia della sorte, da quando si sono sciolti sono stati richiesti già in tre occasioni. 

Anche noi li abbiamo contattati, e abbiamo parlato con Paola Gaddoni, tra le fila dei canterini dal 1968. Lo spaccato di vita che ci ha raccontato non rappresenta solo l’esperienza dei canterini, ma di una fetta ben più ampia della società italiana. Un’Italia sullo sfondo degli anni di piombo, della rivoluzione sessuale e della musica dance anni Ottanta. È l’Italia che investe nella diffusione delle culture popolari e suggella nuove relazioni europee con l’incontro dei folclori nazionali, ma che, in pochi anni, è costretta a cedere il passo a un futuro sempre più slegato dalle tradizioni.

Ballerini canterini

Paola, per lei cosa hanno rappresentato i canterini di Lugo?
Ho iniziato a ballare e poi a cantare nei Canterini a 24 anni, nel momento di massimo fulgore. Dalla fine degli anni Sessanta fino agli anni Novanta, sono stati momenti ruggenti e di grande fervore folcloristico. Viaggiavamo per tutta l’Italia e andavamo all’estero anche tre volte in un anno: una grande opportunità per sprovincializzarsi e uscire dal contesto locale. Erano occasioni ghiotte per vedere, conoscere, incontrare altre culture. Io e i miei compagni li abbiamo chiamati “i migliori anni della nostra vita”, perché abbiamo respirato grande libertà e apertura verso il mondo.

Cosa succedeva in quei momenti lontani da casa?
Erano sempre momenti colorati, di partecipazione intensa, emotiva e condivisa. Prima di cominciare si chiacchierava, finito lo spettacolo si andava a mangiare un piatto di cappelletti. C’erano personaggi straordinari dalla battuta pronta, pieni di gestualità: Otello Prati aveva una galleria d’arte, quando partivamo per quindici giorni, appendeva in vetrina “torno subito”! 

Quest’atmosfera giocosa c’era anche con i gruppi di ballo e canto che incontravamo: dopo lo spettacolo uscivamo insieme, ognuno faceva numero, gag e racconti. Ogni volta si rideva, ogni volta si battevano le mani, si cantavano i medley. Abbiamo saldato delle vere amicizie che durano ancora oggi. 

Sono nati anche degli amori: ci sono stati due matrimoni fra i canterini di Lugo e le ragazze polacche del gruppo di Lublino, in totale sei o sette matrimoni con persone conosciute durante le trasferte. E anche fra di noi: mio marito l’ho conosciuto così, era il segretario dei Canterini Romagnoli di Lugo.

Perché i gruppi popolari romagnoli hanno avuto così tanto successo in Italia e all’estero?
All’interno del Ministero della Cultura c’erano degli organismi dedicati allo sviluppo delle arti popolari. Fungevano quasi da impresario: pubblicizzavano le iniziative di cultura popolare nelle riviste, gestivano inviti internazionali, c’era molto supporto. I gemellaggi venivano sanciti sempre con l’intervento dei canterini. 

Noi abbiamo rappresentato l’Italia e la municipalità di Lugo: per esempio a Kulmbach, in Baviera settentrionale, e a Choisy Le Roi, in periferia di Parigi. Per questo motivo, oltre a partecipare alle sagre in giro per l’Italia, abbiamo calcato anche scene di un certo rilievo, all’Università Cattolica di Milano, all’Accademia di Santa Cecilia, alla Sapienza di Roma. E poi il carnevale ad Atene… le città europee le abbiamo visitate tutte! Una parte di noi è andata anche in Texas. Inoltre, all’epoca esisteva la cosiddetta Famiglia Romagnola: gruppi di romagnoli che, per motivi di lavoro, si erano trasferiti a Milano o a Roma e periodicamente organizzavano dei momenti di ritorno alle tradizioni e ci chiedevano di esibirci.

Alcune canterine del coro dei Canterini Romagnoli di Lugo

E invece il successo specifico dei Canterini Romagnoli di Lugo a cosa è dovuto?
Confrontandomi con colleghi italiani e stranieri, abbiamo capito che il nostro repertorio fuoriesce dai classici. L’unione di ballo e canto creava un vero e proprio racconto, che all’estero non faceva ancora nessuno. Non c’era una canta uguale a un’altra e Donatella Davide, la coreografa, strutturava i balli come uno spettacolo di quelli che si vedono alla televisione. Molti balli tradizionali si basano su una coreografia standard, con saltellino, quadriglia e incrocio; noi eravamo più complessi e molto interpretativi, perciò siamo stati apprezzati dalla critica della stampa, ma soprattutto dagli applausi del pubblico. Spesso ai concorsi arrivavamo tra i primi tre, anche quando dovevamo competere con i gruppi slavi, dove c’erano ballerini straordinari, degli acrobati. Però le nostre musiche e la nostra interpretazione erano uniche.

Ha parlato della coreografa Donatella David: quanto hanno influito i maestri e gli altri professionisti nel vostro successo?
Tantissimo. Abbiamo avuto maestri e coreografi di grande spessore. Donatella David era dell’Accademia di Parigi, il maestro Köllner era primo ballerino étoile del Teatro Comunale di Bologna. Lui veniva ci faceva lezione la sera, noi in cambio gli lasciavamo la sede nel pomeriggio, e così ha potuto aprire una scuola di ballo. I nostri straordinari maestri di coro sapevano capirci e avevano delle interpretazioni sottili, coinvolgenti. E poi esigevano  molto, non si accontentavano di cominciare a finire insieme.

Come ha vissuto il calo di interesse verso la vostra attività?
È stato un cambiamento fisiologico, generazionale. Abbiamo fatto tanti tentativi, ma a un certo punto abbiamo dovuto constatare che erano cambiato il contesto socioculturale: nuovi stili, nuove mode, nuove proposte per i giovani. L’interesse per la tradizione contadina è sparito. È stato un problema complessivo, che ha riguardato anche gli altri cori romagnoli e non solo.

Nonostante questo, abbiamo continuato ancora per molto: lavorare con i nostri maestri era gratificante. Le uscite, anche se non erano più prestigiose, erano pur sempre un momento di particolare convivialità, salire sul palco ti rilascia l’adrenalina. Il corpo di ballo si è pian piano ridotto, e così anche il numero di coristi, ma lo spirito è rimasto quello.

Coro di ballerini canterini

Condividi
Precedente
Disabilità: cosa si intende per “Dopo di noi”

Disabilità: cosa si intende per “Dopo di noi”

Successivo
I 40 anni della cooperativa Ciclat Trasporti Ambiente, raccontati dai soci

I 40 anni della cooperativa Ciclat Trasporti Ambiente, raccontati dai soci

Potrebbe interessarti