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Operatrice socio-sanitaria dei servizi domiciliari si prende cura di una anziana

Servizi domiciliari alla persona: come si svolge una giornata tipo di un’operatrice?

“Entro in punta di piedi nelle case e nella vita di persone che si affidano a me”: una giornata con un’operatrice socio-sanitaria dei servizi domiciliari.

Sono sempre di più le persone che, se hanno bisogno di assistenza sanitaria o personale, chiedono di riceverla al proprio domicilio. Si può ricevere aiuto per l’igiene, la pedicure o l’acconciatura, per assumere farmaci o altri trattamenti sanitari, e tutto senza spostarsi da casa.

I servizi domiciliari esistono da tempo, ma con la pandemia sono diventati indispensabili e la richiesta continua a salire, specialmente per le persone anziane o con disabilità di vario genere.

Ma come funzionano esattamente i servizi domiciliari di assistenza alla persona? Quali competenze, professionali e umane, sono richieste a chi fa questo mestiere?
Lo abbiamo chiesto a Raffaella Drudi, operatrice dei domiciliari da 15 anni per conto della cooperativa ravennate Asscor.

Ciao Raffaella, cosa puoi dirci di te e del tuo lavoro?
Mi occupo di servizi domiciliari da 15 anni, è un lavoro che amo moltissimo. Prima ho lavorato per 17 anni in ospedale e mi sono trovata sempre bene, ma quello che provo oggi quando le persone mi aprono le porte delle loro case non ha pari!

Cosa si prova?
Ti senti utile, importante, arricchita. Entri in punta di piedi nella vita di persone fragili e queste si affidano a te, ti accolgono, e alle loro famiglie porti un grande sollievo.

Anche in ospedale ci sono dinamiche simili, ma hai meno tempo e meno spazio per le relazioni. Nelle case è diverso. I ritmi sono quelli di vita e non di lavoro: ogni visita dura circa un’ora e si ripete anche più volte a settimana. Così diventi parte della routine di tante persone, e loro della tua.

Quindi si creano legami forti?
Assolutamente sì, ci sono alcune persone che seguo da 15 anni! Per loro è importante averci accanto, sapere che torneremo noi, proprio noi. È una questione di sicurezza, ma anche di fiducia e contatto umano. Insieme alle competenze professionali, portiamo sempre un saluto, un sorriso, due parole per combattere la solitudine…

Qualche esperienza negativa che ti è capitata?
Sai che non me ne viene in mente nessuna in particolare? Cioè, in 15 anni ci sono state tante esperienze e sicuramente anche difficoltà, ma nessuna mi ha lasciato il segno. Non cambierei questo lavoro con nessun altro. In passato l’ho fatto, sono rientrata in ospedale… e dopo un giorno solo sono tornata sui miei passi!

Non c’è qualche aspetto di difficoltà? Qualche situazione che risulta respingente?
Certo, soprattutto all’inizio. C’è la soggezione di entrare in casa d’altri, ci sono i rapporti con le famiglie che non sempre risultano semplici, il trovarsi soli fuori dall’ambiente consueto, il doversi spostare di continuo. Però man mano che fai questo lavoro ti accorgi che non sono veri difetti. Ognuna di queste dimensioni ti dà qualcosa di bello.

Cioè?
Prendiamo la diffidenza nell’entrare in casa d’altri. All’inizio è normale, per questo si comincia affiancando chi fa questo lavoro già da un po’, così si prende confidenza. E man mano che si esce dalla zona di comfort, si scopre che in realtà le persone che incontri non sono ostili, sono splendide! Sia quelle che assisti sia i loro familiari: tutti sanno che sei lì per aiutare, desiderano metterti a tuo agio… e ci riescono.

Con la pandemia questo aspetto è anche cresciuto; mentre altrove c’è tanto stress e si incontrano persone distanti e scontrose, nelle case si ritrova l’empatia, il senso di reciprocità e di vicinanza.

E per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro?
All’inizio andare in giro da sola un po’ spaventa… ma poi diventa impagabile. Capisci come organizzarti e ti gestisci tu, nessuno ti soffia sul collo o ti mette ansia. Anche gli spostamenti in auto non sono un problema: sono brevi e ti consentono di staccare un po’, di liberare la mente. È rigenerante.

Ci racconti una tua giornata tipo?
Come tutte le operatrici dei servizi domiciliari della cooperativa Asscor, ho un cellulare di lavoro, su cui la nostra responsabile territoriale ci invia i turni. Così settimanalmente abbiamo tutti gli orari, con l’elenco degli utenti da raggiungere. Per esempio, stamattina io ho iniziato alle 7 e ho staccato alle 13. Lavoro part-time, mi occupo di 5 o 6 utenti al giorno.

Le mie colleghe col tempo pieno lavorano 38 ore, con due rientri pomeridiani, e seguono circa 7-8 utenti al giorno. Salvo imprevisti non ci sono mai sconvolgimenti, ci si riesce a organizzare sempre molto bene. Ovviamente segniamo i km che percorriamo e ci vengono rimborsati.

Per chi è adatto questo lavoro?
Il domiciliare è un’esperienza bellissima per chi ha curiosità, per chi ama sentire vicine le persone e ascoltare le loro storie. Chi desidera andare un po’ più a fondo ed emozionarsi lavorando nei domiciliari troverà un intero mondo. Darà conforto, compagnia, ascolto. E in ritorno riceverà anche più di ciò che dà. Almeno, per me è così.

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