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“Cooperativa” in tutte le lingue del mondo

Dal tardo latino alle lingue contemporanee: l’etimologia della parola “cooperativa” ci ricorda che la cooperazione è un concetto universale 

Come si traduce nel mondo il termine “cooperativa”? Prima di scoprirlo facciamo un passo indietro, con l’aiuto di un dizionario etimologico: “cooperativa” deriva dal tardo latino cooperari, composto di cum “con” e operari “operare”, un verbo usato nel latino classico con il significato di coadiuvare, aiutare. 

Il cooperatore in latino si traduce infatti come socius operis, etimologia che già lascia intendere una finalità mutualistica.

L’influenza del latino 

Le lingue neolatine hanno accolto il termine “cooperativa” con pochi cambiamenti: è identico in italiano, catalano e castigliano, e poi abbiamo il francese coopérative, il rumeno de cooperare, il portoghese cooperativo

Merito delle tracce linguistiche lasciate dal latino nei vari territori in cui si è spinto l’Impero Romano. Però, fatto strano, anche in zone di mondo mai toccate dai Cesari si impiegano termini molto affini: così in Inghilterra abbiamo cooperative, in Svezia e Danimarca kooperativ, in Lituania kooperatyvas, in Russia e in Ucraina кооператив (traslitterato: “kooperativ”), in Bulgaria кооперативен (traslitterato: “kooperacija”). E se ci spingiamo ancora più lontano, incontriamo il basco e filippino kooperatiba e il turco kooperatif

Il caso è singolare, ma non unico: con “università” (che deriva dal latino universitas, ossia “insieme di tutte le cose”) è successa la stessa cosa, e il termine è rimasto pressoché inalterato in ogni angolo del mondo. 

In entrambi i casi abbiamo persone che collaborano e creano tra loro sinergie. Un concetto chiave della cooperazione, quello della sinergia. A proposito, sapete come si dice “cooperativa” in Grecia? Si dice συνεργατική, che traslitterato suona proprio: “synergatikí’. 

mano di bambini e bambini che disegnano

Non solo latino: la cooperazione prolifera anche senza radice latina

Le poche lingue straniere che non hanno preso in prestito la radice latina, per nominare la “cooperativa”, hanno comunque mantenuto l’idea di aggregazione: il tedesco parla infatti di Genossenschaft (letteralmente: insieme di soci) mentre le lingue dell’Europa orientale si rifanno alla radice dello slavo *drug: così si hanno zadruga in serbo e croato, družstvo in slovacco e družstevní in ceco. E sapete cosa significa drug? Amico!

Insomma, il concetto di cooperazione e i termini per definirlo sono un lascito antico, nato in una culla tutta italiana da cui ha poi viaggiato per il mondo. E se puntiamo la lente della Storia sulla Romagna, potremo osservare due avvenimenti ben precisi, tra loro distinti ma correlati: tappe importantissime nell’evoluzione del lavoro collettivo a scopi mutualistici.

Prove di cooperazione: Ostrogoti e Romani scoprono l’associazionismo

In epoca bizantina, nell’anno 493 d.C, il re Teoderico sperimentò a Ravenna una sorta di cooperazione tra barbari Ostrogoti e Romani. L’obiettivo era amministrare al meglio la capitale del regno goto in ambito militare, commerciale e amministrativo. 

Teodorico era uomo pragmatico, e vide in questa comunione di intenti il modo più efficace per far prosperare una città popolata di genti assai diverse tra loro.

La confederazione della “Lettera di Faenza”

Secoli dopo, sempre in Romagna, verrà alla luce una delle più antiche confederazioni del mondo. 

Risale infatti al dicembre 1240 la cosiddetta “Lettera di Faenza”, scritta da un manipolo di mercenari provenienti dai cantoni di Uri, Schwyz e Unterwalden (nell’odierna Svizzera). Costoro erano impegnati in un assedio lungo e penoso, proprio alle porte della città di Faenza, per conto dell’imperatore Federico II di Svevia. L’imperatore aveva qualche difficoltà finanziaria e non era in grado di pagare i mercenari, ma ciononostante questi gli proposero di restare a combattere in cambio di una promessa: al termine delle ostilità sarebbero stati nominati liberi sudditi dell’impero. 

Cinquant’anni dopo, nell’agosto del 1291, avverrà la firma ufficiale del patto solenne e perpetuo tra gli ormai liberi futuri cittadini svizzeri. Si formerà così quella Confederazione Elvetica già vagheggiata sotto le mura di Faenza mezzo secolo prima. 

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