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Salvata in barca dall’alluvione: “Con i miei figli fingevamo di essere pirati su una zattera”

L’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna è un disastro senza precedenti, le cui conseguenze sono ben lontane dall’essersi risolte. In mezzo al fango e ai detriti, si intrecciano le storie di migliaia di persone. Quella di Valeria Cortesi, socia lavoratrice della cooperativa Asscor di Ravenna, ci ha emozionato tanto: la sua casa a Boncellino di Bagnacavallo è stata sommersa non una ma due volte, in entrambe le alluvioni che si sono abbattute sulla Romagna nel mese di maggio. Questo è il suo incredibile racconto.

Ciao Valeria, ci racconti cos’è successo alla tua casa?
Io, mio marito e i nostri tre figli abitiamo… cioè, abitavamo in via Muraglione, località Boncellino. La nostra abitazione è comunicante con quella dei miei suoceri, entrambe si trovano a circa 150 metri dal fiume Lamone. La mattina del 3 maggio abbiamo visto che il livello del fiume si stava alzando pericolosamente, al che abbiamo cercato di mettere in sicurezza elettrodomestici e mobili… Ora fa quasi sorridere pensare a tutta la fatica che abbiamo fatto per rialzare il frigo e la lavatrice di 20 centimetri. Pensavamo che sarebbe bastato, pensavamo di avere tempo, di poter salire in macchina e partire. 

Portafinestra con acqua che è entrata in casa

Ma non è stato così…
All’improvviso alla nostra porta-finestra si è presentata una massa marrone, la guardavo e mi chiedevo “Ma cos’è quella roba lì?”. Un muro di acqua, ecco cos’era. Veniva dal Lamone, si era appena rotto l’argine. Quella fiumana immensa si è riversata sulla strada e l’ha distrutta, poi ha incontrato un campo di meli, il nostro, e lo ha completamente divelto. E poi è arrivata a casa nostra, ha iniziato a entrare da sotto le porte, dalla giuntura tra il battiscopa e il pavimento.

Quella fiumana immensa si è riversata sulla strada e l’ha distrutta, poi ha incontrato un campo di meli, il nostro, e lo ha completamente divelto. E poi è arrivata a casa nostra.

A quel punto cosa avete fatto?
Abbiamo preso in braccio i bambini e ci siamo rifugiati nella casa dei miei suoceri, è quella con il primo piano più in alto. Siamo saliti al primo piano e da lì abbiamo guardato dalla finestra, non c’era altro che potessimo fare, eravamo intrappolati. Il livello dell’acqua si alzava continuamente, a un certo punto abbiamo visto passare l’auto di mio suocero, sembrava stesse nuotando. Mano a mano vedevi gli oggetti fuori che scomparivano: la recinzione, poi il palo, poi il pilone del cancello. 

Alluvione con auto rossa sommersa
Il livello dell’acqua si alzava continuamente, a un certo punto abbiamo visto passare l’auto di mio suocero, sembrava stesse nuotando.

I soccorsi sono stati tempestivi?
Hanno fatto il possibile. Io ho chiamato subito i pompieri, ma l’acqua aveva già sommerso tutto, era un’unica distesa da cui spuntavano le case. Come fai a spiegare dove ti trovi se non si vedono le vie? Dopo un paio d’ore è arrivata una barca con alcuni agenti della polizia provinciale in ricognizione: gli abbiamo parlato dalla finestra, c’erano tutti i miei vicini nella stessa situazione. Ci hanno caricato sul motoscafo, prima me e i bambini, poi hanno recuperato mio marito e i miei suoceri. Persone splendide, coraggiose, una di loro si è buttata in acqua per cercare di aprire un cancello che bloccava il passaggio, l’acqua gli arrivava al mento. Alla fine ci siamo ritrovati tutti in centro a Bagnacavallo.

Quando siete potuti rientrare a casa vostra?
Appena terminata questa prima ondata. Ci sembrava tutto abbastanza grave già allora, intorno a noi l’ambiente era irriconoscibile. Il pianterreno della casa era irrecuperabile, il nostro amato pianoforte era sommerso. Oltre all’acqua in casa, c’era il problema della sabbia fuori: al posto del meleto si era creata una specie di spiaggia, sembrava Lido di Dante! 

Dettagli di un pianoforte danneggiato da alluvione

Avete ricevuto aiuto?
Moltissimo, fin da subito, da parte di tanti amici e della Protezione Civile. Nei primi 10 giorni molti operai hanno lavorato incessantemente per ricostruire l’argine che si era rotto. Noi intanto abbiamo pulito casa, abbiamo spalato fango, lavato tutto quello che si poteva salvare, poi l’abbiamo messo fuori ad asciugare. Era una situazione drammatica, ma sembrava migliorare. E lì ho sentito una piccola speranza che si riaccendeva. 

E poi?
E poi è arrivato il disastro vero. È tornata la pioggia, così tanta come non l’avevamo mai vista, e all’una di notte di mercoledì 17 maggio l’argine si è rotto di nuovo, proprio dov’era stato rattoppato. Questa seconda fiumana è stata ancora più devastante della precedente. Noi eravamo ancora evacuati, abbiamo dovuto attendere cinque giorni per poter tornare alla casa, prima era troppo pericoloso. Ci siamo avvicinati con il trattore di un amico, lo spettacolo che abbiamo visto intorno a noi è indescrivibile.

Capanno danneggiato da alluvione
E poi è arrivato il disastro vero. È tornata la pioggia, così tanta come non l’avevamo mai vista, e all’una di notte di mercoledì 17 maggio l’argine si è rotto di nuovo, proprio dov’era stato rattoppato.

È tutto distrutto, tutto. La piena ha spazzato via tutto quello che avevamo steso ad asciugare. Ci ha sfondato le porte, divelto i portoni del capannone, ogni cosa che era rimasta in piedi dalla prima volta l’ha buttata giù. Ci è arrivato addosso anche tutto il terreno che era stato portato per ricostruire l’argine. Ora c’è un metro di fango ovunque. È una situazione ai confini della realtà.

Capannone danneggiato da alluvione

Così vi siete ritrovati una seconda volta nel pieno dell’emergenza…
Sì ma questa volta le dimensioni del disastro sono gigantesche, tutta la Romagna è finita sotto l’acqua. Questo ha creato scarsità di mezzi e molta più complessità nell’organizzare gli interventi. Noi ci siamo rimboccati ancora le maniche, ovviamente. Anche se continui a chiederti: che senso ha fare questa fatica? Tutto è pieno di fango, spalare è inutile, butti fuori l’acqua ma questa non defluisce. E questa montagna di fango non sai dove spostarla.
Tutti i poderi della zona sono in una situazione di disastro, non sto esagerando. In mezzo a quella melma c’è di tutto: laterizi, cemento, reti, resti di costruzioni, mobili, il danno ecologico è preoccupante. Il fango è talmente limaccioso che è difficile anche usare le ruspe, sbrodola via dalle pale. Eppure quando si asciuga diventa duro come cemento, quindi bisogna fare presto. La situazione è surreale.

Campo agricolo danneggiato da alluvione
Entrata di una casa danneggiato da alluvione e con fango

La tua famiglia come sta? 
Noi siamo tutti salvi, e questo è l’importante. 

Che sistemazione avete trovato?
Siamo fortunati, non alloggiamo in un palazzetto come tanti altri, perché casa di mia madre non si è alluvionata. Da lei stiamo in tre, io e mio marito dormiamo sul divano e il figlio piccolo nel letto con mia madre. I due più grandi sono da mia sorella, lì vicino. Insomma, ci arrangiamo. Prendiamo il buono che c’è rimasto, un pezzettino alla volta. 

Quanto è difficile gestire una situazione del genere?
È molto impegnativo. Ogni momento libero dal lavoro lo dedichiamo a questo: mio marito è sempre immerso nel fango, io invece riorganizzo la vita da sfollati su più case, non ti dico il giro di calzini e mutande, lavatrici, giochi e sacchetti piene di cose appoggiati dove si può! Vogliamo ricongiungere la nostra famiglia non come accampati, ma come persone in cerca di una nuova normalità. Abbiamo creato nuovi spazi nella casa di mia madre, regalando qualche mobile; tra l’altro puoi immaginare quanto bisogno ci sia, di mobili sani. Sarà lunga, ma ho un primo obiettivo: arrivare a settembre, quando ripartirà la scuola, con una sistemazione più funzionale. In questo stiamo ricevendo un aiuto e una solidarietà incredibile da parte di colleghi, amici, compagni di classe dei miei figli. Le persone sono fantastiche.

Bambino seduto in un campo di margherite
Bambino in bici
Ci chiediamo se il nostro terreno sia un posto in cui si può ancora vivere. Non parlo solo dei danni, ma del rischio. La domanda è: e se ricapita?

Siete preoccupati per il futuro?
Chiaramente, tanto noi quanto i miei vicini. Ci chiediamo se il nostro terreno a Boncellino sia un posto in cui si possa ancora vivere. Non parlo solo dei danni, ma del rischio. La domanda è: e se ricapita? A me è ricapitato, a due settimane di distanza. Nella memoria storica del paese il Lamone non era mai esondato, figuriamoci rompere un argine. È stato un evento atmosferico eccezionale rispetto al passato, sì… ma rispetto al futuro? Il clima è cambiato, non possiamo più considerare questi eventi come rari: accadono. Al momento dobbiamo ripulire tutto, e questa è la priorità. Ma poi dovremo rispondere a questa domanda pesante, che per il momento lasciamo sospesa, e non sarà facile.

I tuoi tre bimbi come stanno? Quanto è stato traumatico per loro?
Per fortuna sono sereni. Hanno vissuto in prima persona la prima alluvione, che è stata sì difficile ma non tragica. Io e il loro papà abbiamo cercato di fare di tutto per non spaventarli. I bambini assorbono i comportamenti degli adulti, le risposte che mettiamo in campo. Se durante le difficoltà ci abbattiamo noi, li condanniamo per tutta la vita ad avere paura. Il che non significa negare il pericolo, ci mancherebbe: i nostri figli lo vedono che siamo preoccupati. Però è un’occasione per mostrare loro come si può reagire ai problemi in modo costruttivo. 

Quando ci siamo trovati sull’imbarcazione della polizia, abbiamo fatto finta di essere dei pirati che navigavano su una zattera.

Per esempio?
Quando ci siamo trovati sull’imbarcazione della polizia, abbiamo fatto finta di essere dei pirati che navigavano su una zattera. E poco prima, mentre aspettavamo qualcuno che dal cielo o dall’acqua ci venisse a prendere, il mio piccolo ha fatto il disegno di una barca: “È quella che ci salverà, mamma” ha detto. Poi ha voluto regalare il disegno al poliziotto che ci ha preso a bordo, per ringraziarlo. L’ho rivisto dopo qualche giorno, quel poliziotto. Mi ha riconosciuto e si è commosso, mi ha detto che quel disegno l’ha incorniciato e lo ha appeso in casa… E io gli credo.

Disegno di bambino
Mentre aspettavamo qualcuno che ci venisse a prendere, il mio piccolo ha fatto il disegno di una barca: “È quella che ci salverà, mamma” ha detto. Poi ha voluto regalare il disegno al poliziotto che ci ha preso a bordo.

È una storia incredibile, Valeria. E il modo in cui l’avete affrontata, senza mai perdervi d’animo…
È chiaro che un po’ di sconforto c’è. Ma tocca guardare avanti, non indietro. Se pensi alla sfortuna che hai avuto e a tutto quello che hai perso, soprattutto le piccole cose, le routine, i pranzi tutti insieme, la poltrona dove ti sedevi a leggere una favola prima di dormire… ecco, così ti disperi. E invece non devi mollare. Tra i compagni di scuola del mio piccolo c’è un bimbo ucraino che ha solo la mamma, il suo papà è rimasto sotto le bombe. Penso a lui e mi dico: “di cosa ti vuoi lamentare?”. Noi ci siamo tutti. Sono le persone che contano, non le cose. Per sistemare le cose un modo si trova… e se non c’è si inventa.

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