Le creature fatate di Romagna: spiriti, draghi e folletti del nostro folklore
La Romagna, prima dello sviluppo dell’agricoltura e dell’urbanizzazione, è un mondo rurale costellato di boschi, campagne e villaggi. Un mondo in cui la conoscenza popolare si tramanda oralmente, senza che vi sia una netta distinzione tra “naturale” e “sovrannaturale”.Il senso di meraviglia dinnanzi a ciò che non si sa spiegare (e che spesso fa paura) si riversa così in un fertile immaginario collettivo, affollato di prodigi e credenze, dove un posto di rilievo è occupato dagli esseri fatati.
Ebbene sì, radure, grotte e selve romagnole ospitano – stando ai racconti dei nostri nonni – una nutrita compagine di spiriti e di creature magiche, che nulla hanno da invidiare agli abitanti dei miti celtici, con cui il nostro folklore ha più di una contaminazione.
Il Mazzapegolo, il volubile folletto dal cappello rosso
Il più famoso dei folletti nostrani è senza dubbio il Mazzapegolo (e’ mazapégul o e’ mazapédar), volubile spiritello dal cappellino rosso. A volte è considerato un piccolo nume tutelare, consolatorio e servizievole, ma più spesso si rivela un terribile inquilino che fa dispetti, produce rumori molesti e nasconde gli oggetti.
Spesso disturba anche il sonno notturno, per lo più di giovani donne, gravando sul petto o scompigliando i capelli.
Per tentare di scacciarlo ci sono vari metodi, tra cui rubargli il cappellino (spesso lasciato a bordo di un pozzo), spaventarlo con un forcone nascosto sotto il letto, e, da ultimo, il più efficace: disgustarlo. Come? Consumando un pasto in modo repellente, per esempio nel trogolo del maiale o, ancora meglio, a cavalcioni di una latrina mentre la si usa anche per l’atto che più le è proprio.
La Borda, la minaccia più terribile per i viaggiatori solitari
Meno stravagante e assai più minacciosa è un’altra presenza dell’immaginario romagnolo: la Borda, un essere spaventoso e crudele, spesso rappresentato come strega o fantasma. Creatura legata alle paludi e alla nebbia, di cui personifica i rischi e le insidie, la Borda assale gli incauti viandanti, li strangola con delle corde e cela i corpi affondandoli nel limo degli acquitrini.
Spesso è citata nelle filastrocche per impressionare i bambini disubbidienti, ma non c’è dubbio che in tempi antichi la minaccia di essere ghermiti dalla Borda abbia spaventato, e molto, anche gli adulti.
I draghi di Romagna, spiriti acquatici o rettili feroci in volo tra Lugo e Forlimpopoli
Gli ambienti a forte presenza acquatica, come le paludi, oppure laghi e fiumi, sono spesso popolati da creature sovrannaturali, che gli uomini temono o tentano di ingraziarsi. Questo perché l’acqua è un elemento prezioso che però può diventare pericoloso: ecco allora che inondazioni, tempeste, ma anche siccità, miasmi e pestilenze si associano alla furia di draghi o giganteschi serpenti. In Romagna, tra gli altri, si racconta del biscione di San Pancrazio, che assaliva maiali e vitelli e rapiva neonati, ucciso dal giovane cavaliere Ghilardo; di due serpenti alati, uno d’oro e uno d’argento, in volo sopra Lugo nella notte del 14 settembre del 1425; o ancora del drago che infestava Forlì e Forlimpopoli, nei pressi del fiume Ronco, sconfitto secondo i più dalle forze congiunte di San Mercuriale e San Ruffillo.
Il Regolo, il cugino timido del Basilisco dall’urlo terrificante
Un parente minore e meno distruttivo dei draghi è il Regolo (e’ règul), una grossa serpe che sfoggia una cresta simile a quella dei galli, come il Basilisco di cui è epigone. Attenzione però: se il Basilisco è il “Re delle bisce”, terribile e capace di uccidere con lo sguardo, il più ascetico Regolo è un “Re spodestato” che preferisce starsene isolato e non attacca gli uomini, sebbene possa spaventarli frusciando tra le spighe del grano, annidandosi nel fondo dei pozzi, oppure emettendo il suo caratteristico fischio, simile a un grido disperato, quando qualche incauto si avvicina troppo alla sua tana.
Ma come nascono queste creature in parte rettili e in parte volatili? Secondo una peculiare teoria, accade quando una serpe cova l’uovo deposto da un vecchio gallo. È una storia che, nel suo farsi beffe di ogni plausibilità, a noi appare divertente e suggestiva. Non dello stesso avviso sono i poveri galli: per tanto tempo i contadini, per non correre rischi, hanno fatto in modo che gli inquilini dei loro pollai non andassero mai troppo in là con gli anni.