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piatti di cibo

Quando il cibo sa di casa: storie di cura e di rinascita

Quando il cibo sa di casa: storie di cura e di rinascita

In una casa residenza per anziani, l’odore dei passatelli o di una piadina romagnola fatta come una volta hanno qualcosa di speciale. È una scia di memoria, un conforto che passa per la tavola. “Cerchiamo sempre di offrire un pasto che non sia solo nutriente e genuino, ma che renda felici. Il cibo, per chi vive in una struttura, deve anche ricordare il sapore di casa”, racconta Marcella Bondoni, vicepresidente della cooperativa sociale Diapason, che si occupa di ristorazione collettiva. “Ovviamente c’è un’attenzione particolare per ogni dieta, per chi assume farmaci o soffre di diabete. Ma quando si può, inseriamo sempre qualcosa della tradizione. Per esempio, in inverno, ci sono merende a base di caldarrosta e un sorso di vin brulè!”

cucina di mensa con operatori

E poi ci sono i piccoli gesti, come impiattare ogni pasto anziché servirlo in vaschette. Ma fanno la differenza, soprattutto per chi, con l’età o la malattia, ha visto ridursi il proprio spazio di scelta. “Colori, profumi, sapori: sono elementi fondamentali a livello emotivo, ma anche dal punto di vista cognitivo. Ci sono dati scientifici che avvalorano questo aspetto: il cibo è una necessità ma dev’essere un piacere! Noi ci stiamo molto attenti. E in tutte le case residenza in cui lavoriamo abbiamo cucine interne, seguite direttamente da noi.”

Fondata quasi trent’anni fa a Rimini, Diapason è una cooperativa sociale di tipo B con oltre 150 dipendenti, attiva nella ristorazione collettiva. Oggi serve mense scolastiche, universitarie, strutture sanitarie e case residenza in Emilia-Romagna, Marche e Lombardia. Con un’impronta precisa: attenzione al benessere e alla qualità del cibo, portando avanti progetti di inserimento lavorativo delle persone fragili.

“Abbiamo una dietista che studia ogni menu, con criteri rigorosi e differenziati per ogni pubblico diverso. A garanzia del nostro lavoro, abbiamo molte certificazioni tra cui quella del biologico. Operiamo un controllo strettissimo sui fornitori di derrata, in particolare per le mense scolastiche, dove privilegiamo prodotti a km0 e a filiera corta, Dop e Igp.”

La cucina diventa così un progetto educativo, sociale e culturale. Anche per chi pranza alla Tavola Pitagorica – la mensa universitaria gestita da Diapason, che serve anche molti lavoratori – la proposta è pensata con la stessa cura. Ogni giorno almeno un primo, un secondo e un contorno sono “green”, preparati con ingredienti del territorio.

Ma il valore più profondo della cooperativa emerge altrove, nelle storie delle persone. Il 30% dei lavoratori e delle lavoratrici è in condizione di svantaggio. A loro si affiancano molte donne provenienti da comunità mamma-bambino. “Offriamo non solo un impiego, ma un luogo in cui sentirsi accolte – aggiunge Marcella Bondoni -. C’è un’équipe che segue ogni inserimento, per capire dove ogni persona possa esprimersi al meglio. Spesso il tutor è il cuoco stesso, che si prende cura di chi arriva. È lì che nasce la fiducia. Io la chiamo ‘la scintilla negli occhi’: quando la riconosci, quando la vedi nascere, capisci che il percorso sta andando bene.”

L’inserimento lavorativo è concepito dalla cooperativa come una leva di cambiamento reale, silenzioso. “Il lavoro ridà dignità, voglia di fare, di partecipare. Quando una donna, dopo un passato difficile, riesce a diventare autonoma, a sentirsi parte di una squadra, è una rinascita.”

Una rinascita che ha il sapore dei cibi semplici e pensati con cura. “Abbiamo dei cuochi bravissimi, che condividono la nostra missione. Sono soci, ci tengono davvero. Per noi la persona viene prima di tutto.” Ed è qui, forse, che Diapason gioca la sua partita più grande: “Abbiamo competitor che sono colossi della ristorazione. Ma noi abbiamo qualcosa che ci differenzia dal lato umano. E questo, credetemi, si sente anche nel piatto.”

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